Come vengono ripensati e riadattati gli immobili confiscati in Piemonte?

La piaga degli immobili confiscati in Italia ai quali non è stata trovata una nuova destinazione d’uso vede in cima alla classifica la regione Piemonte, nonostante si trovi al secondo posto nel Nord Italia per numero di beni sequestrati. L’aspetto interessante però è cercare di capire come questi immobili siano ripensati per poter avere una nuova funzione senza finire dimenticati e abbandonati alle intemperie del tempo.
Un esempio virtuoso e interessante da raccontare è certamente quello di Cascina Caccia, situata a San Sebastiano Po in provincia di Torino. Si tratta di una stupenda struttura risalente all’Ottocento con un fienile totalmente ristrutturato, un’ampia stalla e uno spazio verde che comprende un noccioleto e diverse arnie per le api. La proprietà oggi è gestita, organizzata e valorizzata dall’associazione ACMOS che ricevette dal Gruppo Abele l’invito ad intervenire per la riqualifica. La struttura oggi è aperta al pubblico e al suo interno vengono organizzati eventi, come il festival Armonia dedicato ai coniugi Bruno e Carla Caccia a cui è intitolata la cascina.
Cascina Caccia fortunatamente non è l’unico esempio di bene confiscato a cui è stata data nuova vita nel territorio piemontese. Cascina Arzilla per esempio è una storia con un lieto fine di un cascinale che è stato trasformato in un luogo di aggregazione con fini sociali e ambientali. La struttura si trova poco distante da Volvera ed è uno dei primi beni confiscati nel Nord Italia (1993). La proprietà è composta da tre terreni e due unità immobiliari per un totale di circa di 10.000 mq. La disponibilità di spazi così ampi ha permesso di ristudiare la sua destinazione d’uso dopo essere stata assegnata all’associazione ACMOS che dal 2004, attraverso diverse campagne di fundraising, ha fatto sì che Cascina Arzilla si trasformasse da rudere a luogo sì essenziale ma ugualmente utilizzabile. Sono diverse le attività svolte all’interno dei suoi spazi: da momenti di formazione a quelli di svago, dall’affrontare temi quali lo sfruttamento ambientale e umano a tematiche legate al futuro. La Cascina è dedicata a due vittime di mafia Rita Atria e Antonio Landieri e al suo interno l’associazione Libera porta in essere diverse attività, tra cui l’organizzazione di alcuni campi estivi.
Ad Alpignano si trova invece Casa Antonio Landieri, una villetta divisa in due unità abitative con ingresso autonomo ognuna delle quali composta da due appartamenti, un cortile e due box auto. Nel 2020 il bene è stato assegnato al Comune di Alpignano per scopi sociali e nel giugno 2022 la struttura è stata data in comodato d’uso a due enti del terzo settore con la promessa di trovarne un nuovo utilizzo sociale: Acri – Vallesusa Pinerolo e Cooperativa P.G. Frassati. In particolare l’attività principale pensata da Acri per la struttura è quella di trasformarla in un centro per l’accoglienza di donne all’interno di un progetto chiamato “Centro Donna” (per donne vittime di stalking, violenza e minacce). La Cooperativa P.G. Frassati invece ha proposto un progetto di coabitazione per persone con disabilità intellettiva.
Un altro esempio di riutilizzo intelligente di una struttura confiscata è dato dal Performing Media Lab di via Emilio Salgari 7 a Torino. Il locale commerciale di 62 mq confiscato nel 1998 è stato poi trasformato nel 2008, grazie all’intervento dell’associazione Teatron, da ex-officina a spazio dedicato alla comunicazione attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie. Qui, grazie anche alla collaborazione con l’associazione ACMOS, vengono insegnate le pratiche per fare una comunicazione sfruttando tutte le enormi potenzialità fornite dalle nuove tecnologie.
Un ultimo esempio di riutilizzo intelligente di beni confiscati è quello di un’abitazione indipendente situata in via Chambery 9 a Torino. Si tratta di una villetta di lusso di 208 mq su due piani con seminterrato e giardino sul retro. Il Comune di Torino ha deciso di assegnare il bene all’ASL “Città di Torino” che ha scelto questa villetta come Centrale Direzionale per le Cure Palliative per accompagnare i malati oncologici e con patologie croniche e le loro famiglie.
La domanda che sorge spontanea giunti a questo punto è perché, dopo aver letto di questi esempi virtuosi, non si possano trovare nuove destinazioni d’uso a tutte le strutture confiscate. La risposta è complessa e meriterebbe di essere articolata per andare in profondità al tema, ma può essere sufficiente dire che le problematiche sono principalmente due. La prima è il fatto che i fondi necessari per far partire i progetti sono notevoli e non sempre facilmente reperibili; la seconda è che purtroppo manca un coordinamento costante tra le differenti realtà impiegate nei percorsi di riutilizzo dei beni.
Questi casi presi in analisi rappresentano comunque solamente alcune delle importanti iniziative di riqualifica di beni confiscasti sul territorio Piemontese. Progetti seri e virtuosi come questi permettono a strutture che altrimenti sarebbero semplici assemblaggi di mattoni e cemento di diventare luoghi di aggregazione e punti di riferimento per persone che vogliono cambiare in meglio le loro vite, quelle della comunità e ridare lustro al paesaggio urbano.