La servitù di passaggio

Il proprietario di un immobile agisce in giudizio per far dichiarare l’inesistenza del diritto di servitù di passaggio su una strada, costruita da tempo, che consente l’accesso dalla via pubblica all’abitazione di esso proprietario. Il proprietario vuole in sostanza chiudere al titolare del fondo dominante l’accesso alla già menzionata strada.
L’azione intrapresa dal proprietario è, ai sensi dell’art. 949 del Codice Civile, un’azione di cosiddetta “negatoria servitutis” con l’obiettivo di far accertare l’inesistenza di un presunto diritto reale di servitù di passaggio in capo al titolare del fondo dominante, con riferimento alla propria abitazione e al terreno su cui la stessa insiste. Il problema che viene affrontato nel giudizio è complesso. Sui terreni oggetto di controversia esiste a favore del fondo dominante, sin dall’inizio del secolo scorso, una servitù di passaggio. Tale circostanza non è in discussione, anzi è lo stesso proprietario a darne atto nei documenti allegati al giudizio. Il problema che il magistrato ha dovuto esaminare è riferito alla strada costruita successivamente al riconoscimento della servitù di passaggio dal proprietario; strada che lo stesso non vuole gravata da alcuna servitù. Tale nuova opera edilizia, come risultante dalla documentazione allegata, interseca per diverse decine di metri il percorso della vecchia servitù di passaggio sovrapponendosi ad essa.
Ora, ai sensi dell’art. 1064 I comma del Codice Civile, il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario per usarne e, ai sensi dell’art. 1067 II comma del Codice Civile, il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo.
Alla luce di queste norme e della documentazione agli atti, il magistrato ha ritenuto che la costruzione della nuova strada abbia mutato i luoghi (sovrapponendosi in parte a quella già esistente e gravata di servitù), in quanto il fondo servente non deve rendere più incomodo l’esercizio della servitù (tale regola è posta proprio dall’art. 1067, II comma del Codice Civile).
Va rilevato, che, nonostante la servitù originariamente fosse prevista per il passaggio “a piedi o con carri”, non possa oggi non considerare questo aspetto del diritto reale di servitù di passaggio esteso alle automobili o a qualsiasi altro mezzo non più trainato dalla forza animale o umana.
Sul punto il magistrato richiama un orientamento della Corte di Cassazione risalente nel tempo interpretandolo. La Suprema Corte aveva stabilito che la determinazione della estensione del contenuto di una servitù di passaggio andava riferita alle necessità presenti al momento della costituzione della medesima e non quelle successive.
In considerazione del fatto che il fondo interessato (e le due strade) era di natura agricola – riflette correttamente il magistrato – l’accesso ad esso con “carri” andava inteso (ed esteso), trascorsi oltre cento anni, anche agli automezzi in modo tale da soddisfare “l’utilitas” del fondo agricolo dominante.
Sempre il magistrato riteneva prive di pregio le proposte domande relative allo spostamento della servitù in altro luogo che consentisse comunque l’accesso al fondo.
La Cassazione, Sez. II, con Ordinanza n. 17869 del 03.07.2019, così si pronuncia:
“Il trasferimento della servitù di passaggio su un fondo servente di proprietà di un terzo richiede, ai sensi dell’art. 1068, comma 4, c.c., il consenso di quest’ultimo, consenso che non può ritenersi implicito nel fatto che il proprietario già consenta il passaggio a taluni, essendo invece necessario, al fine della costituzione del rapporto intersoggettivo tra il titolare del fondo dominante ed il titolare del nuovo fondo servente, che il consenso non sia solo esplicito ma, considerata la natura del diritto, manifestato per iscritto”.
Alla luce di quanto esposto, il magistrato respingeva la domanda dell’attore, anche esaminata e valutata la Relazione del Consulente Tecnico d’Ufficio, sulla base di due fondamentali considerazioni.
La prima considerazione prevede che la servitù di passaggio “a piedi e con carri” va estesa anche agli automezzi; la seconda prevede invece che, non essendo stata fornita la prova che lo spostamento della servitù di passaggio oggetto di proposta da parte attrice si sarebbe sovrapposta unicamente sul fondo dell’attore e non essendo agli atti il consenso di un presunto terzo proprietario, tale domanda non poteva essere comunque accolta.
Concludeva il magistrato, richiamando le considerazioni finali del CTU che allo stato il tracciato, pur se modificato rispetto a quello originale, soddisfa pienamente le esigenze di “utilitas” del fondo dominante.
Questa è la problematica affrontata dal Tribunale di Ivrea con sentenza del 17 settembre 2021.
In conclusione, va ricordato al lettore che ogniqualvolta una servitù di passaggio (o altra tipologia di servitù) viene modificata dall’intervento, come nel caso di specie dal proprietario del fondo servente, la prima cosa da fare è contestare fin da subito le modifiche e nel caso inibire comunque la modifica con l’apposita azione di possesso.
Tale azione evita il rischio, come accaduto nel caso sopra esaminato, che il proprietario del fondo servente, modificata la servitù, intenda successivamente impedirne il godimento facendone accertare l’inesistenza.
Il consiglio è quindi sempre di avere a disposizione gli atti di compravendita che contengono il riconoscimento del diritto reale, o che lo costituiscono, nonché le relative mappe. Tutto questo al fine di evitare spiacevoli situazioni di contrasto, con il rischio che percorrano la deriva del giudizio civile con tutti i costi previsti.
Avv. Angela Calcaterra Avv. Piercarlo Baragli